Andiamo a fare quattro passi lungo il Cammino di Santiago


Il viaggio è uno dei grandi miti dell’umanità: la fuga dall’Egitto per gli ebrei, l’egida di Maometto per i musulmani, il viaggio a Betlemme per i cristiani, segnano l’inizio della coesione di questi popoli. Il Cammino di Santiago de Compostela svolge esattamente il medesimo ruolo nella formazione dell’Europa; il Consiglio d’Europa l’ha dichiarato “Primo itinerario culturale europeo” e l’UNESCO “Patrimonio dell’Umanità”. L’itinerario di Santiago detto anche la Via Lattea (il cammino delle stelle), indica la via che da est a ovest porta al luogo della supposta sepoltura dell’apostolo Giacomo il Maggiore (Iago in spagnolo, da cui Sant’Iago), i cui resti sarebbero stati ritrovati nell’813, grazie a luci simili a stelle che avrebbero indicato in un campo (campus stellae, da cui Compostela) la sua tomba all’eremita Pelagio e al vescovo Teomidoro.
Il Cammino, quindi, è da sempre legato a questo luogo di culto che si intreccia all’immagine del Santo che, nell’iconografia, viene rappresentato come un alfiere soprannaturale, vessillo della ribellione spagnola al dominio islamico ed è chiamato Matamoros (Ammazzamori).
Figlio di Zebedeo, Giacomo era uno dei 12 apostoli. Dopo la resurrezione di Cristo per molti anni viaggiò per la penisola iberica compiendo opera di evangelizzazione. Tornato in Palestina fu fatto decapitare dal re Erode Agrippa che temeva il troppo potere dell’apostolo. I suoi discepoli Attanasio e Teodoro ne raccolsero il corpo e lo trasportarono segretamente con una nave nei luoghi della predicazione. Sbarcati nei pressi di Finisterre si addentrarono in Galizia e gli diedero sepoltura. Inutile dire che sul luogo del prodigio (apparizione delle luci) furono presto costruite dapprima una chiesa e poi una basilica alle quali i fedeli incominciarono ad affluire in pellegrinaggio. Pellegrinaggio che, a sua ulteriore attrattiva, infatti, termina sull’oceano a Finisterre: ossia, letteralmente, “alla fine del mondo”. Infatti dalla notte dei tempi e fino alla scoperta dell’America, il mondo era considerato piatto e sulle coste galiziane, si rappresentava, sul far della sera, il dramma del sole che sprofondava nell’Oceano Atlantico, nell’odierna Costa de la Muerte.
Un itinerario spirituale intrapreso da credenti ma anche da sempre più numerose persone in cerca dell’uomo nuovo, perché noi siamo l’unica tra le specie viventi a porci il problema del senso della vita.
C’è chi i conti li fa ogni giorno, chi mai e chi soltanto nell’imminenza del trapasso aggrappandosi alla pretesa virtù salvifica del pentimento.  Io penso che la morale sia un istinto come un istinto è l’amore di sé. Due istinti di sopravvivenza che appartengono alla natura dell’uomo e lo fanno diverso da ogni altra specie. L’amore di sé presidia la sopravvivenza dell’individuo, il sentimento morale presidia la sopravvivenza della specie.
Il Cammino come un luogo nel quale la gente si incontra per camminare e vivere insieme un’esperienza emozionante, un insieme di persone che fanno la stessa cosa, accumunate da un’unica meta, da raggiungere con fatica, disagio e, magari, sofferenza. Camminare insieme è molto più che camminare: vuol dire condividere delle sensazioni, condividere il proprio passato, collegare il proprio futuro, come il partecipare a un grande concerto tipo quello dell’Isola di Wight nel 1970.
Lungo questo Cammino, più che in altri luoghi, ci si può davvero sentire cittadini del mondo perché è il mondo stesso che si riunisce qui. Incominciando dalla gentilezza della gente ordinaria lungo la via e dal calore dei viandanti stranieri sul percorso, viandanti per niente simili a noi – non per età, non per origine, non per interessi – ma calorosi malgrado tutte queste diversità. E tu, tu sei tutt’uno col passato che ti porti addosso e che ballonzola e ondeggia sulle tue spalle seguendo i tuoi passi e le tue movenze.
Ogni pellegrino che percorre il Cammino lo rinforza, gli dà qualche cosa, una forma, la sua forma.
Sono molto varie le motivazioni e misteriose le molle che portano un uomo del terzo millennio a percorrere i quasi 800 Km a piedi. La frenesia della vita, i pressanti  impegni di lavoro e familiari, tuttavia fanno si che molti camminano una settimana in tutto per compiere i chilometri minimi necessari per avere il diploma di Compostela (attestato di compiuto pellegrinaggio). 
C’è chi è credente e cammina pregando, chi va alla ricerca di risposte personali, chi per richiedere grazie, chi per sciogliere un voto, chi per interesse storico-culturale, chi appassionato di fotografia per immortalare le bellezze architettoniche, chi per turismo economico di movimento e di pensiero…. Nel nostro caso per una forma di ringraziamento per la positivamente conclusa esperienza di lavoro di mia moglie e per i quasi 30 anni di serena e felice vita coniugale. Comunque per tutti diventa un grande arricchimento interiore ed un fuoco vivo che resta nel cuore.
Il fatto è che nessuno o crede completamente, o non crede a niente. Credere è un itinerario, un cammino, la costruzione di sé (della propria coscienza): ciascuno costruisce le cose nelle quali vuol credere tanto che per assurdo, può finire con il credere a tutto. In termini teologici è il problema del libero arbitrio, di poter scegliere come comportarsi. E comunque è molto importante che esista la possibilità per l’uomo di fondare un’etica: trovare una ragione per la quale vada rispettato ogni essere umano nella sua unicità, porre un limite al proprio desiderio primordiale di prevaricazione.
Questo è il diario del viaggio fatto dal 2 al 14 giugno 2012, suddiviso per motivi tecnici in dieci parti.  Chi vuole vedere tutte le immagini scattate durante le giornate del tour in Spagna lungo il Cammino di Santiago, sempre stando sul sito  http://www.gastonemariotti.com clicchi su Foto e poi sull’apposita galleria, oppure cliccare qui.

Buona visione e Buen Camino!

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