Parco Villa Gregoriana a Tivoli


Dista appena 5 minuti a piedi dalla stazione di Tivoli, non lontano quindi dal centro cittadino, eppure Villa Gregoriana permette di immergersi in un favoloso contesto naturale. Gli scorci, più o meno romantici, sono incredibili. La grande cascata si vede da due punti meravigliosi, sia dall’alto che a metà percorso dove l’acqua ti arriva addosso che è un piacere, soprattutto nelle calde giornate assolate come quella dello scorso 25 aprile data della gita.

Non solo letterati, come Catullo e Orazio, ma anche Imperatori, come Augusto e Adriano, la elessero a luogo di villeggiatura dove edificare le loro ville d’otium, rendendo ancora più splendida la città, arricchita ulteriormente anche in epoca medievale e successiva dai Papi e dalle famiglie più influenti dell’epoca.

Il progetto nasce più o meno nel 1826 quando una spaventosa ondata di piena fa tracimare le acque del fiume Aniene. Il governo dello Stato pontificio interviene e per volere di Papa Gregorio XVI viene deviato il corso del fiume facendolo passare dentro la montagna attraverso un doppio canale appositamente realizzato, salvo poi farlo fuoriuscire dando vita a una grandiosa cascata con un salto di 120 metri.

Si decide di utilizzare il vecchio letto del fiume e le scoscese pareti che lo serravano per realizzare una fantastica passeggiata, che diviene la passeggiata papale preferita a Tivoli poco distante da San Pietro: nasce così il parco di Villa Gregoriana.

Tutt’intorno il parco, tra sentieri, grotte e reperti archeologici; bisogna mettere in conto almeno un paio d’ore per visitarlo con calma, fare qualche foto e fermarsi a gustare tra una camminata e l’altra il panorama seduti sulle panchine.

Per i turisti è possibile cimentarsi in due tipi di percorsi: il primo è più facile e permette di ammirare le principali attrazioni naturali e artificiali senza addentrarsi troppo nei saliscendi che caratterizzano il posto; il secondo è il più appassionante perché, spendendo un po’ più di energie, si può arrivare ai piedi della seconda cascata più grande d’Italia dopo quella delle Marmore, vedere la grotta del Nettuno e udire il terribile fragore delle acque che scendono, visitare l’interno della grotta delle Sirene e sentirsi un tutt’uno con acqua e vento.

Lungo i sentieri sono presenti diverse fontanelle e panchine che consentono di riposare.

Alla fine del percorso – o all’inizio, a seconda di dove si comincia – si arriva all’acropoli. che domina con il suo fascino antico sulla vegetazione che lo circonda.

Su questo sperone roccioso ove s’innalzava l’acropoli dell’antica Tibur, ancora oggi sorgono due templi romani: uno rettangolare, ionico detto impropriamente Tempio della Sibilla e l’altro rotondo, corinzio il Tempio di Vesta.

Dopo la Prima Guerra Mondiale il Parco è rimasto chiuso al pubblico per molti anni principalmente a causa della mancata manutenzione. Nel 2002 il FAI, dopo aver ottenuto l’affidamento della Villa da parte del Demanio di Roma, ha aggregato uomini, enti ed associazioni e con 4 milioni e mezzo di euro ha iniziato l’opera di restauro e bonifica della Villa.

Fa impressione sapere che prima dell’affidamento questo posto selvaggio e romantico era in uno stato di deprecabile abbandono ed era diventato una sorta di discarica abusiva a cielo aperto, un cumulo di lordure, ferraglia ed elettrodomestici.

Persino le acque non erano più limpide. Adesso invece la fragorosa cascata, il cui scroscio confonde le voci, viene sfruttata per la produzione di energia elettrica.

Nel sito di Villa Gregoriana si legge così “per il restauro sono stati rimosse 350 tonnellate di rami e foglie, 5 tonnellate di rifiuti (lavatrici, frigoriferi, passeggini ecc), 1200 tonnellate di sassi e terra”.

Nel 2005 venne finalmente riaperto al pubblico che oggi può di nuovo percorrere gli antichi sentieri liberati dai rovi, annusare essenze prima soffocate da decenni di incuria e abbandono, godere con tutti i sensi delle settantaquattro specie arboree presenti e scoprire interessanti reperti di diversi generi ed epoche, immersi nella natura più rigogliosa.

Villa Gregoriana può trarre in inganno, dato che in realtà non c’è nulla di costruito, anche se è noto che un tempo qui esisteva la sontuosa dimora di un console romano.

 

Nonostante ciò ora Villa Gregoriana è solo un profondo grembo ombroso capace di trasmettere pace, in virtù delle sue panchine ombreggiate, i sentieri rupestri, i passaggi attraverso la roccia e le rumoreggianti cascate.

Ma è anche un concentrato di memorie storiche e di bellezze naturali: sono testimonianze di un’epoca lontana, di cui ci rimane solo qualche brandello, qualche suggestione che viene a galla dall’abisso del passato e spinge l’immaginazione a fantasticare, per esempio sulla ninfa Abira, che disobbedendo al dio Nettuno firmò la sua condanna eterna vedendosi trasformata in sirena che, simultaneamente, spaventa e attrae col suo canto seducente che scaturisce dalla Grotta delle Sirene.

Nel momento in cui l’Aniene fu deviato restò il baratro in cui il fiume si gettava e dove aveva formato degli antri, attorno ai quali si era generata un’aura di mistero e poi delle leggende, per via dei rumori prodotti dal precipitare delle acque in queste cavità, perciò si pensava alla presenza di sibille parlanti, di sirene e via dicendo.

Dunque questo luogo ha sempre avuto un fascino particolare, perché se Tivoli è famosa, al di là di Villa Adriana lo è anche grazie a quelle incisioni, riproduzioni, disegni e descrizioni di tutti quei giovani pittori, poeti e scrittori che durante il Grand Tour tra il Settecento e l’Ottocento transitavano di qua e rimanevano ammaliati proprio dalla forza della natura, dal modo potente in cui l’acqua cadeva.

Il papa finanziò pure la realizzazione di una passeggiata per scendere giù fino alle grotte, risalire dalla parte opposta e andare a sbucare sotto i due templi dell’antica acropoli di Tivoli.

Il primo, quello circolare è il tempio di Vesta, che era la protettrice della fiamma sacra che unisce i componenti di una famiglia e rafforza i legami fra le famiglie di una comunità, quindi una dea estremamente venerata.

Le vestali erano sacerdotesse che facevano parte di una casta e provvedevano ad alimentare il fuoco, che non doveva mai spegnersi.

Erano obbligate alla verginità fino a 33 anni, ma superata quest’età potevano integrarsi nuovamente nella società e addirittura sposarsi, se lo desideravano.

Il secondo tempio è quello detto della Sibilla Tiburtina (in realtà non si sa a chi fosse dedicato), annoverata tra le più celebri, poiché annunciò ad Augusto la futura nascita di Cristo.

In direzione dei due templi ci sono delle grotte che custodivano l’oracolo. In passato ci si calava con delle corde, per poter ascoltare quello che la Sibilla diceva in merito ai quesiti che gli le venivano posti.

Successivamente i due lati della vallata sono stati utilizzati per costruire a sbalzo, sulla voragine della dell’inferno, la villa di Manlio Vopisco, console romano nel II secolo d.C., le cui vestigia sono quasi completamente sparite giacché il materiale da costruzione è stato razziato.

L’antica Tibur e l’Aniene hanno suscitato fin dal Settecento una grande attrazione presso gli avventurieri europei che discendevano la nostra penisola in cerca di tesori dell’arte, dell’archeologia e della natura.

Vanvitelli: veduta di Tivoli con la vecchia cascata dell’Aniene

Il Grand Tour ha potuto in questo modo far conoscere Villa Gregoriana; così come Goethe e Lord Byron non hanno saputo resistere al suo fascino raccontando alla lontana Europa il carico romantico e magnetico di questo leggendario luogo, scenario unico fra i templi romani e il fragore delle cascate di Tivoli.

Nessun commento

Lascia un commento