Istanbul, la finestra sul Bosforo

4° giorno, venerdì 17 maggio 2019: Istanbul (15.029.000 ab. – 100 m s.l.m. – 15°-20°)
Partenza dall’albergo e giro contrattato sul posto con auto privata nelle zone di Fatih, Fener e Balat che sono le più ricche di storia, le più affascinanti e caratteristiche di tutta Istanbul.

Proprio per questi motivi rientrano nella lista dei patrimoni dell’Unesco. Ma nonostante ciò sono visitate da una infima minoranza dei turisti che visitano Istanbul. I motivi perché questo accada sono molti, ma la colpa principale è sicuramente da attribuire alla cosiddetta “industria del turismo”, che semplifica tutto e attua una riduzione stereotipata della città, per massimizzare i suoi profitti.

La città viene quindi sostituita e rimpiazzata da una sua immagine artefatta, ed è quest’ultima purtroppo che viene visitata dalla quasi totalità dei turisti.

Noi per nostra filosofia ci opponiamo a tutto questo, e speriamo che la gente abbia la curiosità e la voglia di scoprire le reali bellezze di Istanbul.

Parliamo di tre quartieri davvero centrali per comprendere appieno la storia e la cultura di questa città, zone in cui i popoli e le religioni si sono nel tempo mescolati e sovrapposti, evidenziando e portando fino ai giorni nostri una straordinaria ricchezza di architetture, di monumenti religiosi, di colori e di prelibatezze gastronomiche.

I tre quartieri si trovano all’interno delle mura della città vecchia, ad ovest di Eminönü e si affacciano sul Corno d’Oro. Sono zone non propriamente agevoli da visitare se non accompagnati da gente che le conosce, non perché siano pericolose, ma perché non sono assolutamente battute dai turisti e non è affatto facile trovare i monumenti ed orientarsi fra il dedalo di case.

Fatih è da considerarsi uno dei quartieri più “conservatori” di Istanbul, è la zona più osservante dal punto di vista religioso, con al centro il monumentale complesso della Moschea di Fatih. Passeggiare per le sue strade, nella zona di Malta Çarşı, la zona del mercato, è un’esperienza che non può lasciare indifferenti.

A Fatih oggi vivono per lo più immigrati dalle zone dell’estremo est anatolico, quindi persone molto più attente ai dettami religiosi, ma anche cariche delle loro strepitose tradizioni culinarie regionali. E’ qui che bisogna venire per provare i sapori più autentici della cucina turca. Ristoranti o piccoli chioschi specializzati in kebap, pide, sarma, köfte, tutto squisito ed a prezzo molto basso.

Dopo uno spuntino, è possibile raggiungere, se si riesce a trovare, la bellissima moschea di Zeyrek, che in passato era il Monastero Bizantino di Cristo Pantocratore, il secondo più grande edificio del periodo Bizantino, dopo Aya Sofia, ancora esistente ad Istanbul. La zona di Zeyrek, con le sue case in legno di periodo ottomano antiche di 200 anni, è una delle più pittoresche di tutta Istanbul.

Lasciando alle spalle Fatih e dirigendosi verso Fener, incontriamo il quartiere di Çarşamba. Qui si trova una delle più famose Chiese Bizantine di Istanbul, la Chiesa di Theotokos Pammakaristos, conosciuta oggi come Fethiye Camii, dato che al giorno d’oggi è per metà moschea e per metà museo.

La Moschea di Fatih (in lingua turca Fatih Camii) è la prima delle grandi moschee imperiali edificate dopo la conquista ottomana della città. Mehmet il Conquistatore scelse di costruirla sul sito collinare delle rovine della Chiesa degli Apostoli, luogo di sepoltura di Costantino e di altri imperatori bizantini.

Anche Mehmet volle essere seppellito qui, e la sua tomba è dietro la moschea.


La moschea originaria venne gravemente danneggiata nel 1509 dal terremoto che colpì Istanbul in quell’anno.

Dopo essere stata riparata venne poi nuovamente danneggiata dai terremoti del 1557 e 1754 e riparata ancora una volta.

Venne poi completamente distrutta dal grande terremoto del 22 maggio 1766 quando la cupola principale crollò e le mura furono irrimediabilmente danneggiate.

La moschea attuale venne completata nel 1771 sotto il sultano Mustafa III dall’architetto Mimar Mehmet Tahir.

L’interno attuale della moschea di Fatih è essenzialmente una copia dei disegni precedenti di Sinān riutilizzati più volte da lui stesso e dai suoi successori in tutta Istanbul (questa tecnica è emulativa di Santa Sofia).

La cupola del diametro di 26 metri è sostenuta da quattro semi-cupole, una su ogni asse, sostenute da quattro colonne di marmo di grandi dimensioni.

La moschea di Zeyrek vista da Nord-Est. Si possono riconoscere le absidi delle chiese bizantine.

La moschea di Zeyrek, in precedenza chiesa di Cristo Pantocratore (in turco: Molla Zeyrek Camii), è costituita da tre primitivi edifici sacri ortodossi (due chiese e una cappella). Rappresenta uno dei più importanti esempi di architettura bizantina a Costantinopoli ed è, dopo Aya Sofia, il secondo più grande edificio del periodo Bizantino ancora esistente.


Il complesso si trova nel distretto di Fatih, nel quartiere popolare di Zeyrek che prende il nome da questa moschea.

La muratura è stata in parte costruita adottando la tecnica del mattone incassato, tipica dell’architettura bizantina del periodo centrale. In questa tecnica, linee alterne di mattoni sono montate dietro la linea del muro, e sono immerse in un letto di malta. La chiesa settentrionale e quella meridionale sono entrambe a cupola con pianta a croce inscritta. Esse posseggono absidi eptagonali , e non pentagonali come era tipico dell’architettura bizantina del secolo precedente. Le absidi sono interrotte e affiancate da nicchie.

La chiesa meridionale è la più grande. L’edificio è sormontato da due cupole, una sopra la naos e l’altra sopra il matroneo (una galleria superiore separata per le donne) del nartece. La decorazione di questa chiesa, che era molto ricca, è scomparsa quasi completamente, ad eccezione di alcuni frammenti di marmo nel presbiterio e, soprattutto, un bel pavimento in opus sectile con marmi colorati lavorato con la tecnica a cloisonné, dove sono rappresentate figure umane e animali. Inoltre, frammenti di vetro colorato suggeriscono che nelle finestre di questa chiesa un tempo fossero rappresentate figure di Santi in vetro colorato.

La cappella imperiale è coperta da volte a botte ed è anch’essa sormontata da due cupole. La chiesa settentrionale ha una sola cupola, ed è notevole per il suo fregio, scolpito con un motivo a denti di cane e triangoli, il quale corre lungo la linea di gronda.

Vicino alla moschea si trova la piccola Süleyman Seyh Mescidi, un piccolo edificio bizantino appartenente anch’esso al monastero di Pantokrator.


Meryem Ana ayazmasi
Questa piccola chiesa di colore rosso e rosa, circondata da un muro di protezione (come tutti gli edifici religiosi non musulmani di Istanbul) e fondata nel 1282 da una principessa bizantina di nome Maria andata in sposa al khan dei Mongoli, è a due passi dal grande liceo greco di Fener, quell’immenso edificio di mattoni rossi che domina il panorama del lato settentrionale della vecchia Costantinopoli.

Santuario bizantino famosissimo e veneratissimo, fonte di acqua miracolosa. Allo spigolo tra le antiche mura di terra che scendevano per congiungersi al muraglione bizantino lungo il Corno d’oro (Haliç), un piccolo santuario meta di pellegrini ortodossi da tutto il mondo: S. Maria di Blachernae (da lacherna, nome latino di un pesce molto comune nel braccio di mare), vicino al Palazzo imperiale dal XIII secolo, in cui la fonte di acqua santa (che ancora si conserva) è reputata miracolosa.

Divenuta con l’assedio degli Avari, barbari pagani, del 626 un luogo di culto principale (secondo la leggenda, Maria apparve con le mani distese nel gesto dell’Orante provocando una tempesta, altrimenti inedita nel bacino del Corno d’oro e provocando la distruzione delle navi in assedio), divenne luogo di riti imperiali.

Conservava un’ antica immagine di Maria con le braccia aperte da cui scorreva l’acqua miracolosa alla base di un’iconografia mariana bizantina ancora oggi molto diffusa. Nell’Aghion Lousma (Sacra Piscina) gli Imperatori bizantini periodicamente venivano per un bagno rituale.

La cattedrale di San Giorgio si trova nel quartiere di Fener a Istanbul, in Turchia, ed è sede del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli.

Il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli costituiva, prima del Grande Scisma del 1054, una delle cinque sedi principali della cristianità stabilite dai primi 4 concili. Dal concilio di Calcedonia del 451 il patriarcato di Costantinopoli, poi ecumenico dal 587, in ordine di gerarchia era il secondo dopo Roma, precedendo Alessandria, Antiochia e Gerusalemme.

Il Patriarca ecumenico di Costantinopoli – Nuova Roma (Greco: Οικουμενικόν Πατριαρχείον Κωνσταντινουπόλεως – Neas Romis) è il “primo fra pari” della Chiesa ortodossa orientale e viene riconosciuto come unico patriarca di Costantinopoli anche dalla Chiesa cattolica. L’attuale patriarca è Bartolomeo I – al secolo Dimitrios Archondonis.

L’interno della cattedrale é eccezionale a partire dal pulpito in madreperla ai mosaici. Sono presenti anche delle reliquie. Tra le tante: la colonna dove venne flagellato Gesù Cristo, un chiodo della croce e i resti mortali della veneratissima Santa Eufemia.

Costeggiando le rive del Corno d’Oro, giungiamo alla Sveti Stefan Kilisesi (ovvero la Chiesa Bulgara di Santo Stefano), famosa per essere stata costruita interamente in ferro e per i ricchi fregi interni. Fu eretta intorno al 1898 in stile neogotico, divenendo un simbolo fondamentale per l’indipendenza dei Bulgari. La struttura della chiesa fu costruita prima a Vienna, smontata e spedita su un battello lungo il Danubio e poi riassemblata qui a Istanbul.

La Chiesa è stata riaperta da poco ai fedeli e ai visitatori dopo i lavori di restauro durati sette anni. L’edificio si trova tra due strade parallele molto trafficate. La struttura è tutta di ferro ed esternamente è verniciata di una tonalità grigio pastello che ricorda il colore del metallo.

In alcuni punti delle parti più alte spiccano le dorature, che oggi, col sole, risultavano particolarmente splendenti. L’ultimo restauro è stato impeccabile, così perfetto che all’interno la chiesa sembra finta.

La chiesa è stata voluta nel 1871, anno in cui la chiesa ortodossa bulgara si dichiarò indipendente dal patriarcato greco di Costantinopoli, e terminata nel 1898. Rocambolesca la storia della sua costruzione.

Chora Museum (Chiesa di San Salvatore in Chora): la chiesa è considerata uno dei più importanti esempi di architettura bizantina sacra ancora esistenti. L’edificio, nato come chiesa ortodossa, è situato nel distretto occidentale di Istanbul, detto Edirnekapı.

Nel XVI secolo la chiesa fu trasformata in moschea dai Turchi Ottomani, e divenne museo statale nel 1958 (cliccare qui ). In turco viene chiamata Kariye Müzesi, il suo nome indica che oggi è un museo, ma porta anche la memoria del suo passaggio a Moschea (Camii) avvenuto nel 1511.

Fortunatamente gli affreschi ed i preziosi mosaici furono solamente ricoperti con calce e non distrutti e rimasero così nascosti sino al 1948 quando, dopo la loro riscoperta, fu iniziato un lungo restauro, con la rimozione dell’intonaco, la messa in luce delle opere bizantine, fino all’apertura del museo appunto a partire dal 1958. L’interno è decorato con mosaici e affreschi, considerati fra le massime espressioni dell’arte bizantina.

La chiesa è piuttosto piccola rispetto ad altri luoghi di culto di Istanbul (la sua superficie è di 742,5 m²), ma le sue piccole dimensioni sono compensate dall’imponenza degli interni, come spesso capita nell’architettura bizantina.

L’edificio è composto da tre zone principali: l’ingresso o narthex, il corpo principale della chiesa o naos e la cappella o paracclésion. Il nartece si divide in due parti: il nartece interno o esonarthex e il nartece esterno o exonarthex.

L’edificio ha sei cupole, due sull’esonartece, una sul paracclésion e tre sul naos. La cupola più grande una dimensione di diametro 7,7 m ed è situata nel centro naos.

I mosaici e gli affreschi presenti sono tra le produzioni più importanti dell’arte bizantina. Il tema principale di questi mosaici è l’Incarnazione e la Salvezza, nella cappella funeraria il motivo iconografico è centrato sulla Risurrezione.

Si possono notare le tessere molto piccole, ed una certa tridimensionalità delle composizioni, cosa che invece non appare nei mosaici precedenti, come si possono ammirare ad esempio a Santa Sofia, oppure nelle chiese di Ravenna.

Poche ore prima di prendere la via dell’aeroporto per ritornare a Roma, mentre eravamo seduti in piazza Taksim abbiamo sventato un tentativo di furto con destrezza ai nostri danni ad opera di una minorenne sorpresa a cercare di sottrarre lo zainetto che avevo appoggiato in terra.

E proprio sulla via del ritorno che mi ronza in testa il ritornello di una canzone italiana di alcuni anni or sono che fa “Istanbul Costantinopoli…“. Credo proprio non c’entri nulla con Guccini ma ormai la curiosità mi è montata e quindi ve la canto (cliccare qui).

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