Un pomeriggio a zonzo per Roma


Con la scusa del compleanno io e la mia compagna di vita, abbiamo deciso di passare un pomeriggio a zonzo nella Città Eterna. Il 5 dicembre mia moglie compie 60 anni. Portati bene, però sessanta, è una cifra tonda, arriva il momento di un bilancio, ci si trova nell’autunno della vita e bisogna studiare la strategia migliore per allungare il più possibile questa stagione.

Riuscire a scegliere per andare a zonzo un pomeriggio tra il Colosseo e Piazza Navona – senza contare tutto il resto – è una prova del fatto che in questa città non potete soffrire di noia.

Piazza Venezia continua a incantare; è una grande risorsa. Mi viene da ricordare il piacere estetico di vivere a Roma. Se tutte le strade portano a Roma, allora è anche vero che finiscono tutte qui.

Piazza Venezia e la città antica sono il vero nucleo della Città Eterna.

Con un giro a 360°, la storia romana si svolge davanti ai tuoi occhi, dai suoi antichi esordi alle sue trasformazioni del 21° secolo.

Da non perdere la visita sopra l’altare della patria, all’ultimo piano dove dall’alto della Terrazza delle Quadrighe si può ammirare un panorama davvero mozzafiato.

Due ascensori panoramici, inaugurati nel 2007, ad un costo di 10 euro a persona, permettono di raggiungere il punto più alto del Complesso del Vittoriano, dal quale è possibile ammirare Roma a 360° per tutto il tempo che volete.

La vista spazia dalla magnificenza del Colosseo e dei Fori Imperiali alle chiese del centro storico compreso il cupolone di San Pietro, dal Fiume Tevere al Ghetto ebraico, dalla Piazza del Campidoglio alle bandiere del Quirinale e dal moderno quartiere Eur ai caratteristici Castelli Romani.

Dopo avere assistito ad uno splendido tramonto multicolorato sempre al Vittoriano abbiamo visitato, rimanendo all’Ala Brasini, una preziosa collezione del Whitney Museum di New York: Jackson Pollock, Mark Rothko, Willem de Kooning, Franz Kline e molti altri rappresentati della Scuola di New York.

Anticonformismo, introspezione psicologica e sperimentazione sono le tre linee guida che accompagnano lo spettatore della mostra POLLOCK e la Scuola di New York.

Attraverso circa 50 capolavori – con tutta l’energia e quel carattere di rottura che fece di loro eterni e indimenticabili “Irascibili” – colori vividi, armonia delle forme, soggetti e rappresentazioni astratte immergono gli osservatori in un contesto artistico magnifico: l’espressionismo astratto, segno indelebile della cultura pop moderna.

Numero 27 è un quadro di Jackson Pollock dipinto nel 1950. Il numero identifica l’ordine cronologico del quadro. Si tratta di un olio su tela che misura 124 x 269 cm reso famoso dall’equilibrio fra le pennellate di nero e la fusione dei colori più chiari ed è esposto nel Whitney Museum of American Art a New York. Paul Jackson Pollock (Cody, 28 gennaio 1912 – Long Island, 11 agosto 1956) ed è considerato uno dei maggiori rappresentanti dell’Espressionismo astratto o Action painting cioè la pittura di azione eseguita non solo attraverso i soliti strumenti.

Tipico di Pollock è anche il dripping cioè la tecnica dello sgocciolamento, eseguita dallo stesso artista non solo attraverso i pennelli ma anche con bastoncini o altri strumenti. Pollock era solito dipingere con la tela appoggiata per terra.

Pollock muore a soli 44 anni in un incidente stradale causato dal suo stato di ebbrezza. Con lui muore una giovane donna, un’altra resta gravemente ferita.

In mostra anche un quadro della moglie, anche lei pittrice, Lee Krasner, costretta a cambiare nome per ovviare alle discriminazioni di genere radicate nel sistema dell’arte e sembrare un pittore maschio. Lee Krasner è stata parte del successo del marito, un marito che aveva un carattere difficilissimo, che non era semplice da gestire; Pollock è stato un artista maledetto, dannato, tormentato, irriverente. L’arte l’ha aiutato, ma non è riuscita a salvarlo da sé stesso.

Elizabeth cambiò il suo nome di battesimo in uno più generico Lee perché il mondo della pittura è sempre stato, soprattutto in quegli anni, eccessivamente maschilista.

“Jackson Pollock, is the greatest living painter in the United States?” sono queste le parole che compaiono tra le pagine del Life Magazine l’8 agosto 1949. Quello che possiamo certamente affermare oggi è che il nome di Pollock (1912-1956) rimane ancora uno dei più noti del panorama artistico contemporaneo, conosciuto ai più per il suo inconfondibile stile e per l’utilizzo come detto del dripping.


Ecco il Dripping Virtuale della Carla realizzato alla mostra attualmente a Roma al Vittoriano.

Usciti dalla mostra, facciamo una bella passeggiata nei vicoli romani e decidiamo di andare a mangiare un filetto di baccalà fritto Dar Filettaro a Santa Barbara che è una di quelle cose che un romano o un turista in visita a Roma deve assolutamente fare almeno una volta nella vita.

Si tratta di un’esperienza culinaria memorabile, impreziosita dal contesto caratteristico fatto di romanità verace.

Er Filettaro si trova in pieno centro, al numero 88 di largo dei Librari, una traversa di Via dei Giubbonari, la via che da Campo de’ Fiori porta a Via Arenula.
Accanto alla chiesetta di Santa Barbara, da cui prende il nome, vi è una porticina con l’insegna “Filetti di Baccalà”.

Il locale è piccolo e caratteristico, tipico da trattoria romana, ed è talmente famoso e apprezzato che per mangiare seduto al tavolo bisogna mettersi in coda ed aspettare il proprio turno.
Già solo sbirciando dalla porta a vetri ci si accorge dell’atmosfera, e poi il cameriere che chiama i clienti per farli accomodare è un vero spasso.

Appesi al muro fanno bella mostra quadri e targhe, tra cui una che riflette tutto l’amore dei proprietari per la Città Eterna, “se moro e poi rinasco…prego Dio de rinasce a Roma”.
Come dice il nome, la sua specialità sono i filetti di baccalà impastellati e fritti, magari da accompagnare con le puntarelle “co le alici”. Si può scegliere sia di mangiarli al suo interno (e hanno un costo di € 6,00) che take away (€ 5,50), e gustarseli a passeggio, o seduti sulle scale della Chiesa di Santa Barbara, o ai piedi della statua di Giordano Bruno a Campo de’ Fiori.

Noi abbiamo scelto di mangiare i filetti di baccalà croccanti fuori, soffici all’interno, e poco unti, comodamente seduti ad uno dei piccoli tavoli della trattoria. Una sola parola, divini.
Come contorno le puntarelle, buone come quelle fatte in casa, con aglio e battuto di acciughe, e un piatto di fagioli con cipolla. A bere acqua e vino. In due abbiamo speso € 40,00.

I piatti meritano senza ombra di dubbio ma il contesto, il clima che si avverte e certamente un plus unico; il parlare romanesco, le signore ai padelloni , quella scritta in marmo sul portone di ingresso non sono ripetibili se non qui nel cuore di Roma.
Ci abbiamo festeggiato il compleanno in alternativa al solito aperitivo; usciamo più che soddisfatti e continuiamo la nostra serata nel quartiere Trastevere camminando per smaltire un po’ il vino ed osservare la vita notturna di Roma.

Ecco che a Piazza Navona, nella Chiesa di Santa Agnese in Agone, in occasione del Triduo in preparazione della Festa dell’Immacolata  abbiamo modo di assistere ad un breve Concerto del gruppo “Soul of Cello” con Ensemble di venti violoncelli.

Dopo di che torniamo a casa e concludiamo in bellezza i festeggiamenti del compleanno, con una cenetta casareccia ma sfiziosa al termine della quale ci godiamo uno strepitoso millefoglie di Cavalletti, pasticceria specializzata in questo dolce tipico della casa, secondo me la migliore di Roma e non solo.

La freschezza della sfoglia, la crema freschissima e la caratteristica forma cilindrica rendono questo dolce unico ed inimitabile.

Piacevole ed allegra la compagnia dei cari figli, nuora e nonna; soddisfatti della gita e delle libagioni abbiamo veramente goduto di questo compleanno ricco di ogni bene.
Alla prossima.

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