Il gioco del Go (碁)…pietra su pietra

Giochi “intelligenti” per adulti. Noi Italiani siamo troppo seri: giochiamo poco. Il gioco è, invece, un momento importante per ogni persona, giocavamo da piccoli per divertirci e sviluppare più velocemente le nostre capacità, giochiamo da grandi per rilassarci e liberare la mente.
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Il Go è un gioco da tavolo nato nel Tibet, intorno al 2300 avanti Cristo, allo scopo di insegnare la disciplina, la concentrazione e l’equilibrio ed è il più antico ancora praticato. Possiamo datare il suo arrivo nella Cina attorno al 1000 avanti Cristo e quello, importantissimo, nel Giappone, nel 754 dopo Cristo, grazie ad un ambasciatore al suo rientro dalla Cina, e sono stati proprio i giapponesi ad elaborare il Go dal punto di vista teorico e a portarlo ad un livello mai conosciuto altrove.

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Sono ormai molti a giudicarlo il più bello di tutti i giochi – c’è perfino chi ha abbandonato definitivamente gli scacchi – di fronte alla sua profonda semplicità si rimane estasiati e sbalorditi invece dalla sua complessità. Infatti il Go, secondo un vecchio proverbio giapponese, è facile e difficile insieme. Se basta un’ora circa per imparare già a giocare, è anche vero che dopo quattromila anni la stessa questione dell’apertura di partita è rimasta quasi del tutto irrisolta; un proverbio coreano dice che nessuna partita di Go è mai stata giocata due volte, il che è verosimile se si pensa che ci sono circa 4,63 × 10170  diverse posizioni possibili su un goban 19×19.

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Il vero spirito del Go si rivela, in ogni caso, solo dopo un certo numero di partite giocate ed è con questa avvertenza che ora si procede alla descrizione del gioco.
Due giocatori collocano alternativamente delle pedine a forma di lente, chiamate “pietre”, di cui 181 nere  e 180 bianche sulle intersezioni vuote di una damiera (e quindi non nelle caselle), detta Go-ban, composta da una griglia 19 × 19 (361 incroci, compresi quelli sui lati e i quattro angoli). I giocatori hanno l’obiettivo di controllare una zona della scacchiera maggiore dell’avversario. A questo scopo dispongono le pedine in modo da non essere catturate, e costruiscono degli spazi che non possano essere invasi. Le pedine avversarie sono catturate se circondate completamente dalle proprie e non hanno spazi interni o “occhi”.
Il nero comincia per primo, e i due giocatori si alternano, ciascuno posando una propria pietra su qualsiasi incrocio del Go-ban. Una volta posate, le pietre non vengono più spostate. Al massimo possono essere “catturate”, e in questo caso vengono tolte da Go-ban e contate alla fine come “prigionieri”. Va sottolineato che lo scopo del gioco non è in primo luogo la cattura dei pezzi avversari ma piuttosto la formazione del proprio territorio (e la limitazione del territorio altrui). Come vedremo, però, territorio e cattura sono in stretto rapporto fra di loro.

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Si definisce come territorio uno spazio interamente recintato da pietre dello stesso colore. Nel dia. sopra esposto, A è un territorio bianco avente 12 punti al suo interno. Il territorio nero B comprende 7 punti. Nel territorio bianco C ci sono 9 punti. Da notare è il modo in cui il bordo del Go-ban fornisce già due lati al territorio A e uno a B. In questi casi le pietre “a” e “b” si considerano collegate fra di loro mediante il bordo. Nel centro della damiera invece (C), il bianco ha dovuto circondare interamente il territorio.
E’ evidente che un territorio può esistere solo in quanto spazio recintato e definito da pietre, e quindi se le 8 pietre che definiscono il territorio A nel dia. 1 venissero catturate dall’avversario, il territorio bianco non esisterebbe più. (Difatti come si vedrà più avanti, diventerebbe territorio nero).

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La cattura: la pietra A posta nella zona centrale del Go-ban (vedi dia. 2 sotto riportato) ha quattro “libertà”, che sono i quattro punti ad essa adiacenti. La pietra B sul bordo ha tre libertà e quella C dell’angolo ne ha due. Il gruppo di cinque pietre nere D ha nove libertà.

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I gruppi e la connessione: tornando brevemente al dia. 2, si rifletta sull’impossibilità di staccare le pietre del gruppo D l’una dall’altra; il gruppo è un’unità inscindibile e questo è vero di qualsiasi configurazione di pietre connesse fra di loro in orizzontale e/o verticale, cioè lungo le linee del Go-ban. Il rigore di definizione vuole che una sola pietra isolata venga considerata anch’essa un “gruppo”. Che venga catturato o meno il gruppo D del dia. 2, quindi, tutte le pietre che lo compongono condivideranno la stessa sorte.

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Nel dia. 7 il nero ha già occupato tre libertà della bianca A. In questo caso la mossa del nero in “x” è legale, perché prende l’ultima libertà di A catturandola. Il risultato si vede nel dia. 7B. Si noterà che la situazione raffigurata nel dia. 7B offre ora al bianco la possibilità di ricatturare in “x” la pietra nera appena giocata, il che ci farebbe tornare al dia. 7, poi di nuovo a 7B, e così via all’infinito. Questa cattura a vicenda senza fine viene evitata dalla regola di ko che si vedrà più avanti.

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5 Comments so far

  1. Wenti on 11 Luglio, 2014

    Hmm, la secuencia es sente para negro, pero blcnao acaba con 7 puntos dentro, y posibilidad de empujar por uno en A6.Sf3lo con los 2 hanes, la secuencia sigue siendo sente para negro (a menos que quiera protejer uno de esos hanes), y blcnao acaba con 4 o 5 puntos dentro.Tambie9n hay una secuencia a estudiar, que es intercalar un sacrificio entre los 2 hanes: D1, A2, B1, C1, A5, B2

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