La monaca tibetana


Solidarietà con il popolo tibetano dopo la drammatica vicenda dei monaci e monache buddiste che, in queste ultime settimane, si sono suicidate dandosi fuoco per denunciare, nel modo più estremo,  la  violazione dei diritti umani, gli arresti e le detenzioni, le torture e gli aborti forzati, insomma la drammatica condizione di vita imposta dalla repressione cinese. 

Si deve ricordare alla Cina che il problema del Tibet non si risolverà mai con la brutale repressione e la propaganda menzognera cui, peraltro, nessuno crede più. Finché Pechino continuerà nella sua ottusa e cocciuta negazione del “problema Tibet” lo spirito e l’eroismo dei tibetani saranno sempre lì, indomiti e coraggiosi emblemi di un popolo che non intende farsi “normalizzare”.
Immagini terrificanti in questo video amatoriale diffuso dal gruppo Students for a Free Tibet, il cui leader, Tenzin Jigdal, ha comunicato che in molti “hanno rischiato la vita per farlo uscire dalla Cina”. A partire da marzo, undici persone, tra cui due donne, si sono suicidate col fuoco. Tutte le “immolazioni” sono avvenute nelle aree a popolazione tibetana della provincia cinese del Sichuan. Il luogo dove si è immolata Palden Choesto, la donna del video, è la città di Kardze (Ganzi in cinese), un’area che è stata al centro della rivolta anticinese del 2008 e che da allora è sottoposta a uno stretto controllo da parte delle forze di sicurezza cinesi. A dare il via a questa forma estrema di protesta è stato in marzo un giovane bonzo, che si è dato fuoco nel monastero di Kirti, nella provincia del Sichuan.

Immagini terrificanti: tibetana si da fuoco

Gesti estremi che ricalcano quelli dei bonzi vietnamiti che denunciavano la repressione religiosa nel Vietnam del Sud di Ngo Dinh Diem. C’era la guerra, c’erano gli americani, centinaia di reporter e fotografi, e quelle immagini contribuirono a cambiare l’opinione pubblica mondiale sull’opportunità di sostenere il regime di Diem.
E’ da ritenere che la causa del Tibet sia  una questione di diritti umani che non vada dimenticata.  Auspico, quindi, un Tibet libero e in pace, in cui i bambini possano studiare nella loro lingua e dove l’identità del popolo tibetano venga rispettata;  dove i monaci nei monasteri possano esercitare il loro diritto alla libertà religiosa senza doversi immolare per protesta per ricordare al Mondo la loro causa.


Nell’epoca della globalizzazione dovrebbero essere globalizzati i  diritti umani e civili prima che i mercati e la comunità internazionale dovrebbe affrontare la questione tibetana  e chiedere al Governo cinese il ritiro delle truppe e della polizia.
Non si può dimenticare che l’occupazione cinese del Tibet ha prodotto nei decenni – e continua a produrre – una sistematica violazione dei diritti fondamentali ed una sradicazione delle identità culturali e religiose di questo popolo; il 33% dei bambini e delle bambine in Tibet è escluso dal diritto  all’istruzione e la lingua locale cancellata; mentre aumenta il numero dei prigionieri politici, di cui il 30 % sono donne e,  per la maggioranza si tratta di monache.
I diritti dei tibetani sono i diritti di tutti. Si dia un segnale forte alla Repubblica Popolare Cinese, all’arroganza di chi si ritiene ormai il padrone del mondo.


In questi anni, neppure le più che accomodanti proposte del Dalai Lama, leader tibetano e premio Nobel per la pace che vive in esilio nel Tibet indiano, nel nord-ovest dell’India, sono state accettate dai governanti cinesi che, anzi, le rigettano come un tentativo subdolo di attentare all’unità della madre patria. E pensare che il Dalai Lama è per Pechino un’assicurazione, forse l’unica, che la lotta del Tibet non degeneri in forme di violenza aperta o addirittura in terrorismo.
Nei giorni scorsi, proprio il Dalai Lama, in dichiarazioni rese in un’intervista alla Bbc ha espresso dubbi sull’efficacia delle autoimmolazioni per protesta. Contrariamente all’accusa rivoltagli da Pechino, il Dalai Lama ha dichiarato di non incoraggiare affatto la pratica della autoimmolazioni con il fuoco. “C’è del coraggio, un coraggio molto forte – ha detto parlando del sacrificio -. Ma quanta efficacia? Il coraggio da solo non sostituisce la saggezza. Bisogna utilizzare la saggezza”.

Dove stiamo arrivando? La disperazione può prendere così facilmente il posto della ragione?
E’ vero che viviamo in un mondo e in una società di m…. ma io non ricorrerei mai al gesto dell’autoimmolazione come la monaca tibetana. Non frainterdetemi, non mi permetterei mai di giudicare quel gesto che deve solo farci riflettere. Però, senza voler giudicare o offendere nessuno, se dovessi trovarmi a subire così tante angherie dal punto di vista fisico e sopratutto morale non sfogherei la mia rabbia e la mia disperazione su me stesso, oltre al danno la beffa, ma sarebbe l’occasione, non avendo più nulla da perdere, per commettere, si degli atti estremi, ma contro il tiranno di turno.

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