Attivarsi per i diritti umani

Appello di solidarietà al popolo Uiguro
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Noi sottoscritti esprimiamo la nostra solidarietà al popolo Uiguro oppresso da secoli dai diversi regimi cinesi nella regione del Turkestan orientale (Xinjiang) e a tutti gli Uiguri ovunque perseguitati. In particolare, confermiamo il sostegno a Rebyia Kadeer, Presidente del Congresso Mondiale Uiguro, leader nonviolenta ed esponente del Partito Radicale Nonviolento transnazionale e transpartito, già detenuta per 6 anni nelle carceri cinesi, e ai suoi due figli Alim ed Ablikim agli arresti ormai da mesi.
Anche per cogliere l’occasione di tregua offerta dalle olimpiadi e considerando che la difesa dei diritti umani e politici previsti dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo costituisce la più radicale arma contro ogni forma di aberrazione terroristica, invitiamo caldamente le attuali autorità cinesi ad abbandonare la criminalizzazione di un intero popolo e a realizzare un effettivo rispetto del Patto sui Diritti Civili e Politici per gli stessi cittadini della Cina e per tutti i popoli attualmente in essa organizzati.
Primi firmatari: Tsewang Rigzin, Presidente del Tibetan Youth Congress, Cesare Salvi (Presidenete Commissione Giustizia al Senato per la Sinistra Democratica Iscritto Nessuno tocchi Caino) e Benedetto della Vedova, (parlamentare Forza Italia iscritto PRT)
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Sabato 24 e domenica 25 maggio scendi in piazza con Amnesty International.
Chiunque può essere attivista per i diritti umani, non importano l’età, la professione, il tempo a disposizione. L’unico requisito necessario è il riconoscimento dell’universalità dei diritti umani.
Quest’anno le Giornate dell’Attivismo saranno dedicate alla campagna “Pechino 2008: Olimpiadi e diritti umani in Cina”, affinché le Olimpiadi siano un’occasione per migliorare la situazione dei diritti umani in Cina. L’attenzione sarà focalizzata in particolare su quattro casi, quattro persone detenute per il loro impegno sociale e per aver esercitato il diritto alla libertà di espressione.
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L’obiettivo è che possano tornare liberi, così come tutti i difensori dei diritti umani in Cina, e che sia riconosciuta l’importanza della loro azione.
C’è bisogno del tuo aiuto per costruire un futuro migliore per la Cina e per tutti noi.
Cosa ti chiediamo di fare? Due azioni semplici: una firma e una foto.
La sottoscrizione delle petizioni e il tuo volto da affiancare a quello delle vittime di violazioni sono un modo per comunicare che per ogni vittima c’è una persona che si attiva in suo sostegno. Un modo per rendere più visibili quel nome per cui si chiede giustizia e quella firma in calce a un appello.
Avrai l’occasione di sperimentare in prima persona cosa significa essere attivista per i diritti umani e dare un sostegno concreto a persone che, come te, pensano che anche un piccolo contributo possa fare la differenza.
Se vuoi partecipare alle Giornate dell’Attivismo non devi far altro che compilare il form on line , verrai contattato al più presto.
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Vattimo contro i monaci tibetani • da Il Foglio del 11 aprile 2008, pag. 3
In Tibet i monaci buddhisti avrebbero scatenato un “pogrom anticinese”, si sarebbero macchiati di crimini orribili, abbandonandosi a “una caccia all’uomo finita con donne, bambini e vecchi dati alle fiamme”. Questo film dell’orrore, che supera in faziosità menzognera persino la propaganda del regime nazionalcomunista di Pechino, è il succo dell’appello firmato da Gianni Vattimo contro “l’imperialismo anti-cinese” che vorrebbe replicare le ignominie della guerra dell’oppio.
Il potentissimo esercito cinese non sarebbe in grado di difendere la minoranza han oppressa da feroci monaci assassini? I seguaci del pacifico Dalai Lama bruciano vive intere famiglie e chi li sostiene accarezza il disegno di smembrare la Repubblica popolare per ridurla in una condizione di servitù coloniale? Sono insinuazioni ridicole, che non meriterebbero neppure di essere prese in considerazione. Quel che invece desta una certa curiosità è la molla che spinge un paio di intellettuali militanti (l’appello sostenuto da Vattimo è stato redatto da Domenico Lo Surdo dell’Università di Urbino) a sostenere in modo così sguaiatamente provocatorio le posizioni di un regime oppressore. C’entra probabilmente l’ansia di visibilità, il gusto per il ruolo di bastian contrario, ma questo non spiega tutto. Alla base del “ragionamento” c’è uno schema obsoleto e libresco, palesemente superato dalla storia, ma evidentemente inossidabile nella concezione dei due “pensatori”: quello di un imperialismo malvagio e di un comunismo liberatore. Una volta predeterminati ideologicamente i ruoli dei buoni e dei cattivi, si può tranquillamente ignorare o addirittura ribaltare la realtà di fatto, per quanto evidente. Lo stesso, d’altronde, Vattimo aveva fatto incitando al boicottaggio contro la cultura israeliana ospite della Fiera del libro di Torino. E dire che il “pensiero debole” predica l’impossibilità di assumere posizioni nette su questioni considerate indecidibili. Si vede che dove il pensiero è debole la faziosità è incontrollabile.
Tibet non è libertà. Amnesty denuncia la ‘leggerezza’ di alcuni parlamentari italiani
Due pesi, due misure? Sentite un po’: la condanna a morte, in Virginia, di Derek Rocco Barnabei, avvenuta pochi giorni fa – esattamente il 14 settembre – ha scosso l’animo e la coscienza di molti leader politici nostrani, che hanno esplicitamente e ripetutamente protestato. Ma in quegli stessi giorni sono state rese note anche altre dichiarazioni, risalenti – è vero – a fine agosto inizio di settembre. Altro argomento, sia chiaro: il Tibet. Altra situazione: delegazione di parlamentari italiani che ha fatto un viaggio ad Est…
La delegazione era composta da Romualdo Coviello (Partito Popolare Italiano) Antonio Soda (Democratici di Sinistra), Michele Saponara (Forza Italia), Marco Zacchera (Alleanza Nazionale), Luigi Marino (Partito dei Comunisti Italiani) e Renzo Gubert (Centro-Upd). Secondo Amnesty International, l’onorevole Coviello avrebbe dichiarato che in Tibet vi e’ una situazione estremamente positiva e che alla popolazione tibetana e’ garantita la liberta’ di esprimere e di praticare la propria religione.
“Delle due l’una – spiega Daniele Scaglione, presidente della sezione italiana di Amnesty -: o movimenti come il nostro e Human Rights Watch, quando scrivono i loro rapporti sulle violazioni dei diritti umani in Cina fanno a gara a chi la spara piu’ grossa, oppure questi nostri parlamentari hanno visto solo quello che i funzionari della Repubblica Popolare Cinese hanno voluto far loro vedere.
In tutto il territorio controllato da Pechino e’ in atto un nuovo giro di vite sui buddhisti tibetani, su cristiani, cattolici e protestanti, musulmani e gli adepti della setta Falung Gong. Negli ultimi mesi sono stati operati migliaia di arresti nei confronti di chi rifiuta il controllo del Partito Comunista sui gruppi religiosi, anche mentre la delegazione dei nostri parlamentari si compiaceva del grado di liberta’ religiosa in Tibet.
Centinaia di monaci e monache sono attualmente rinchiusi nelle carceri tibetane per le loro opinioni. Subiscono torture, vengono costretti al lavoro forzato, non ricevono ne’ cure mediche ne’ alimentazione adeguate, muoiono per gli stenti, per le torture e i maltrattamenti”.
Continua Scaglione: “I leader dei partiti italiani devono smentire queste dichiarazioni e attivarsi affinche’ nei confronti della Cina si compiano finalmente azioni concrete. Diversamente, sarebbe meglio che in futuro evitassero retoriche prese di posizione in favore dei diritti umani nel mondo.
In quanto ai sei parlamentari, ci permettiamo di suggerir loro di tornare presto in Tibet e chiedere di incontrare Ngawang Sangdrol, monaca tibetana arrestata nel 1992 all’eta’ di 16 anni e condannata in quattro diversi ridicoli processi a 21 anni di reclusione, solo per aver pacificamente chiesto l’indipendenza del Tibet e la fine del controllo delle questioni religiose da parte del partito comunista cinese.
Ammesso che le autorita’ cinesi concedano questo incontro, questi parlamentari si potrebbero fare un’idea un po’ piu’ realistica di quella che diffondono sulla situazione delle liberta’ in Cina”.

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