Abolizione dell’ordine dei giornalisti

L’albo mussoliniano dei giornalisti
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Quesito referendario
I sottoscritti cittadini italiani richiedono referendum popolare abrogativo, ai sensi dell’art. 75 della Costituzione della Repubblica e in applicazione della legge 25 maggio 1970 n. 352, sul seguente quesito: «Volete voi che sia abrogata la legge 3 febbraio 1963, n. 69, recante “Ordinamento della professione di giornalista”?»
A Venezia, Hitler, al primo incontro con Mussolini, si presentò vestito con un impermeabile sgualcito. Il duce e i suoi ministri erano in divisa, fez, stivali, fasci littori e bandiere. Mancavano solo gli schiavi africani con le trombe vestiti di pelle di leone. Da allora Hitler decise di copiare tutto dal fascismo. Tranne una cosa: l’albo professionale dei giornalisti. Non aveva abbastanza pelo sullo stomaco. Mussolini creò nel 1925, unico al mondo, un albo nel quale si dovevano iscrivere i giornalisti. L’albo era controllato dal Governo e messo sotto la tutela del ministro della Giustizia, il Mastella dell’epoca.
Nel 1963 l’albo divenne con una nuova legge ordine professionale dei giornalisti con regole, pensione, organismi di controllo, requisiti di ammissione. Una corporazione con dei saldi principi. Infatti nella legge 69/1963 è scritto che: è diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e della buona fede.
Einaudi scrisse: “L’albo obbligatorio è immorale, perché tende a porre un limite a quel che limiti non ha e non deve avere, alla libera espressione del pensiero. Ammettere il principio dell’albo obbligatorio sarebbe un risuscitare i peggiori istituti delle caste e delle corporazioni chiuse, prone ai voleri dei tiranni e nemiche acerrime dei giovani, dei ribelli, dei non-conformisti”
Berlinguer aggiunse: “Io sono contrario al requisito di qualsiasi titolo di studio per la professione di giornalista, perché considero questo come una discriminazione assurda, una discriminazione di classe, contraria alla libertà di stampa e alla libera espressione delle proprie opinioni”.
L’informazione è libera e l’ordine dei giornalisti limita la libertà di informazione. Chiunque deve poter scrivere senza vincoli se non quelli previsti dalla legge.
I giornalisti liberi straccino la tessera, non ne hanno bisogno, il loro unico punto di riferimento è il lettore.

Il 25 aprile si firmerà per un referendum in tre punti per una libera informazione in un libero Stato. Il primo punto sarà l’abrogazione della legge 66/1963, perchè l’accesso alla professione di giornalista e il suo esercizio siano liberi da vincoli burocratici e corporativi di sorta.

1 Comment so far

  1. Giorgio M. on 25 Marzo, 2008

    Era ora! Era Ora!!! Finalmente qualcuno che si preoccupa di sottolineare che in Italia oltre ad esserci barriere insormontabili per quanto riguarda l’accesso alle professioni e al mondo del lavoro, ce ne sono di immense anche per quanto riguarda L’ACCESSO ALLA DEMOCRAZIA! Per diventare giornalista servono 65 articoli con ritenute d’acconto pagate (ma da chi??) in 2 ANNI… Ma perchè un tempo così lungo? Io per quella tessera 65 articoli li scriverei in 2 ore…
    E’ assurdo! Il sistema italiano è destinato ad implodere se qualcuno non metterà mano seriamente alle leggi funamboliche che ci sono.
    Tra l’altro, anche se un pò off topic, ve la ricordate la Corte di Giustizia europea che aveva dichiarato anticostituzionale l’Irap in quanto clone illegittimo dell’IVA ?
    Lo Stato ha solo precisato che non ci saranno comunque rimborsi, ma niente di più, e la continua a far pagare a tutti (così i vari onorevoli possono pagarsi cocaina e prostitute d’alto bordo).

    APPENA AVRO’ 2 LIRE IN TASCA EMIGRERO’ !!

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