In memoria di Sir Arthur C. Clarke

Si è spento a 90 anni martedì a Colombo nello Sri Lanka lo scrittore inglese Arthur C. Clarke (Minehead, 16 dicembre 1917 – Colombo, 19 marzo 2008), ultimo padre della fantascienza. L’uomo, che ha mantenuto sino all’ultimo la freschezza intellettuale e la capacità di stupirsi del secolo straordinario che ha attraversato, essendo nato nel dicembre del 1917, è stato uno dei tre grandi autori della fantascienza moderna, insieme a Robert A. Heinlein (scomparso ad 80 anni nel 1988) ed Isaac Asimov (scomparso nel 1992 a 72 anni).
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Lo scorso 16 dicembre, quando ha compiuto 90 anni, ha voluto registrare un messaggio che poi i suoi assistenti hanno messo su YouTube (qui la traduzione). Era una registrazione di auguri e ringraziamenti, un po’ tristi ma sereni. Clarke, baronetto per meriti letterari della sua natia Gran Bretagna (e oramai lontana da più di cinquant’anni, dove era nato a Minehead, nel Somerset), si augurava tre cose: …che la sua nuova patria (lo Sri Lanka) trovasse finalmente la pace, che il mondo potesse presto liberarsi dalla schiavitù del petrolio e che infine presto si trovassero le prove dell’esistenza di intelligenze extraterrestri.

Questo è uno dei privilegi del “genere minore” della fantascienza: essere libera di indagare, speculare, pensare, auspicare e raccontare con occhi diversi da quelli dell’oggi un domani che ancora non è ben compreso. È la memoria del futuro. È il sogno che al risveglio può essere profezia, consolazione o stimolo. Arthur C. Clarke nel prendere commiato attraverso un saluto e un rigraziamento sereno per gli anni passati sull’astronave terra, “90 orbite intorno al Sole” come ha ricordato, ha auspicato con grande coerenza che il domani sia meglio dell’oggi e che lo stato delle cose possa cambiare con l’aiuto di un incontro speciale che ci consenta di capirci meglio e di crescere collettivamente.
Le sue idee, il suo candore, la sua capacità di ispirare e la sua lucidità nel vedere attraverso l’anima a tratti tenebrosa dei suoi simili mancheranno mentre immutabile per lunghissimo tempo il pianeta continuerà la sua cavalcata intorno al Sole. Clarke ha vissuto una vita piena della quale si è detto ragionevolmente soddisfatto. Sta a noi continuare le nostre, crescendo e sperando che gli “omini verdi” arrivino presto.
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In verità di romanzi Clarke, nei suoi 90 anni di vita, ne ha scritti oltre 80 e centinaia di racconti. E di Odissee ne scrisse una serie, con altri tre romanzi pubblicati con questo nome: oltre a 2001, 2010 Odissea due, 2061 Odissea tre e 3001 Odissea finale).
Nato il 16 dicembre 1917 nella contea inglese del Somerset, durante la Seconda guerra mondiale lavorò per la Royal Air Force, l’aeronautica militare britannica, come esperto radar. Laureato, con il massimo dei voti al King’s College di Londra in matematica e fisica, ha avuto fin da ragazzo la curiosità dello scrivere. La sua passione per la fantascienza era accompagnata però da una sapienza scientifica vera e propria. Così, oltre al romanziere, famoso per la verosimiglianza scientifica delle sue opere di fantasia, fu anche un anticipatore di scoperte scientifiche.
Fu lui a intuire l’invenzione dei satelliti geostazionari: corpi celesti lanciati in orbita ad una velocità pari a 36mila miglia e perciò praticamente fermi in rapporto alla Terra e quindi in grado di trasmettere segnali come da punti fissi. Adesso è su questa intuizione che poggia tutto il nostro moderno sistema di telecomunicazioni, dai cellulari, alla tv, ai sistemi di puntamento missilisticoe di intercettazione. Una anticipazione ancora più straordinaria se si pensa che la sua generazione e lui con essa era nata in un mondo non ancora rischiarato chiaramente dalla luce elettrica e si sta spegnendo, lui compreso, dopo aver vissuto almeno altre tre rivoluzioni tecnologiche nell’era digitale.
Negli anni Quaranta, Clarke aveva anche previsto che l’uomo sarebbe sbarcato sulla Luna entro l’anno 2000. Lo presero per matto ma quando Neil Amstrong, nel 1969, toccò la superficie del pianeta, gli scienziati della Nasa riconobbero che Clarke «aveva dato la spinta intellettuale a quella fantastica avventura».
Celebrato quasi come un guru dai cultori del genere fantascientifico, che sfiorano in alcuni casi in specie di sette religiose, Clarke era comunque convinto del suo ruolo di «sentinella» dello spazio. Nel suo primo racconto giovanile, un monolite lasciato sulla luna da extraterrestri con uno scopo preciso di segnalare agli extraterrestri eventuali pericoli interstellari, spunto ripreso poi nel celebre film di Kubrick alla cui sceneggiatura partecipò attivamente.
Del resto, a dimostrazione della fama anche tra gli scienziati, di Clake, ci sono addirittura un asteroide e un’orbita che portano il suo nome.
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Costretto da tempo su una sedia a rotelle, negli ultimi mesi le sue condizioni di salute si erano progressivamente aggravate e più volte si era dovuto ricoverare d’urgenza per quei polmoni che non volevano più saperne di funzionare.
Dopo il fallimento del suo matrimonio, nel 1956 si era trasferito nello Sri Lanka quando ancora si chiamava Ceylon, da dove non si era più mosso. Nel 1998, quando già era avanti negli anni, fu accusato di pedofilia e lo scandalo che ne seguì ritardò la sua nomina a baronetto. Fu poi scagionato ma la vicenda lo lasciò sempre con un grande amaro in bocca. Il suo domestico, W.K.M. Dharmawardena, ha annunciato che i funerali si svolgeranno non appena i familiari dello scrittore arriveranno dall’Australia, dove risiedono.

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