Il condannato a morte Bruno Contrada

Il condannato a morte Bruno Contrada e la giustizia
Bruno Contrada: Colpevole o innocente?

“Quasi al termine della mia esistenza, l’ingiustizia degli uomini mi ha inferto questo ultimo colpo.
Faro’ appello alle mie residue forze fisiche e morali per resistere ancora, così come ho fatto per quindici anni.
Sono sicuro che verrà il momento (che forse io non vedro’) in cui la verita’ della mia vicenda giudiziaria sara’ ristabilita.
Spero che qualcuno si pentira’ del male fatto a me ed alle Istituzioni.”

Per visitare il sito internet di Bruno Contrada cliccare qui e vedere anche il post del 21 dicembre sempre su questo sito.
Il giudice di sorveglianza del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Daniela Della Pietra, ha respinto l’ultima richiesta di scarcerazione o di arresti domiciliari, per Bruno Contrada, presentata dal suo avvocato (di Giuseppe Lipera).

La notizia, nella sua scarna banalità non sorprende più di tanto, ormai è chiaro tutto. Ci è chiaro ad esempio che la dottoressa Della Pietra esegue il volere della potente e rancorosa magistratura di Palermo, che ha deciso fin dal primo momento che Contrada deve morire. Mi è caro far presente a “vendicatori” e garantisti, che Contrada è in carcere per scontare 10 anni di pena per “concorso esterno in associazione mafiosa”, un reato questo che ha fatto ripiombare il nostro paese ai tempi bui della legge Reale, quando si finiva in galera senza essere terroristi, solo perché se ne conosceva o se ne frequentava qualcuno, oppure si finiva condannati per concorso morale in omicidio, senza averne saputo mai nulla.

E’ inutile, il passato non ci ha insegnato niente! I nostri legislatori si sono dimostrati, con alcune leggi liberticide, nel migliore dei casi degli inetti antidemocratici, mentre i nostri magistrati, specie quelli siciliani, si sono largamente dimostrati, quando non benevolmente incompetenti, complici attivi o passivi della mafia stessa. Il fatto che alcuni magistrati siano stati uccisi non toglie nulla a quanto dico, au contraire. Il sospetto, non solo mio, è che se ogni giudice avesse fatto il proprio dovere fino in fondo, e non si fosse garantito invece ricchezze, potere e posizioni di rendita, oppure tranquillità e favori, le cose sarebbero andate in maniera assai diversa per tutti e ci saremmo risparmiati parecchi funerali di stato. Ma tanto… Per i “vendicatori”, il famoso partito dei pentiti, Contrada è il famoso “untore” di manzoniana memoria, cui dare addosso anche se innocente. Per i garantisti…niente! Si perché i tanto decantati garantisti quando c’è da parlar chiaro, tacciono. A costoro chiedo di non dimettersi da uomini, di insistere perché Contrada abbia un nuovo processo, lontano dalla Sicilia, con giudici al di sopra di ogni sospetto, e soprattutto che possa arrivare vivo a vedere trionfare la verità. Ma forse è questo ciò che troppi al palazzo di giustizia di Palermo, e altrove, temono.
Il mio sospetto che la pena inflitta a Contrada sia in realtà quella capitale è concreto, ed il fatto che dopo il tremebondo Mastella, a via Arenula sia stato insediato un ex magistrato, cresciuto in carriera tra Napoli e Roma, ed ex membro del Consiglio Superiore della Magistratura, mi da la completa certezza che per altri mesi, di giustizia non si potrà parlare, ne per Contrada ne per altri. D’altronde… Voglio solo ricordare che i giudici non hanno sempre ragione, e che l’Italia è anche sulla giustizia continuamente condannata dalle autorità europee. In quanto al massimo garante della costituzione, vorrei ricordargli che fare il Capo dello Stato è un incarico a tempo pieno e non part-time. A tutti, infine, ricordo che in una cella del carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, c’è un anziano servitore dello stato che si sta spegnendo nel dolore e nell’indifferenza. Contrada è l’ultimo “condannato a morte” in Europa, e la sentenza non viene eseguita solo per vigliaccheria. Non lasciamolo solo!

P.S. La sera dell’otto febbraio, ero alla commemorazione di Giordano Bruno, ed ho sentito commosso, Marco Pannella, con quella sua voce stentorea e ferma, ripetere le parole che il monaco pronunciò davanti ai suoi giudici (ecclesiastici) all’udire la propria condanna al rogo:- maiori forsitan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam-. (forse tremate più voi nell’infliggermi la sentenza che io nell’accoglierla). Se non fosse che i giudici di Palermo si sono dimostrati più crudeli di quelli dell’inquisizione, avrebbe potuto ripeterle Contrada.

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