Giustizia per Bruno Contrada

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Lettera al capo dello stato: «atto di clemenza sua sponte»

Contrada, la moglie: «Rischia la vita»
E il suo legale scrive a Napolitano

La consorte dell’ex numero due del Sisde, ora in carcere: «Ha il diabete. La grazia? I benemeriti non la chiedono»

 – «Bruno ha il diabete all’ultimo stadio. In carcere rischia la vita». Adriana Contrada, la moglie dell’ex numero due del Sisde, non nasconde la gravità dello stato di salute del marito. Spiega che la detenzione non lo aiuta di certo, «considerando che in carcere dovrebbe seguire una dieta adeguata, che non gli è stata ancora somministrata» ( ? audio). E puntualizza: «Per questo non mangia, non di certo per una qualche istinto suicida». Già perché Bruno Contrada da quasi quattro giorni nella sua cella nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere rifiuta il cibo. «Lo ucciderebbe» spiega la moglie. Psicologicamente però «è combattivo, un leone» e questo perchè «ha la coscienza pulita» assicura la signora Adriana. «CONDANNATO A MORTE» -Qualche giorno fa però l’ex dirigente generale della Polizia di Stato ha scritto al suo legale, Giuseppe Lipera, sottolinenado come anche il regime di detenzione può trasformarsi «in una condanna a morte, sebbene dilazionata nel tempo» ( ? la lettera-guarda). «Non tutti gli italiani – scrive Contrada, commentando il rigetto della sua istanza di scarcerazione per gravi motivi di salute – sanno che la morte viene irrogata a condannati, spesso colpevoli e talvolta innocenti, non soltanto in unica ed istantanea soluzione, con una iniezione letale o con una scarica elettrica o con un cappio al collo o con un proiettile nella nuca; essa è anche inflitta, non istantaneamente ma nel tempo, con ceppi inutili ed inumani su corpi martoriati dalle infermità e dalla senilità molto vicini all’ultimo passo». LETTERA AL QUIRINALE – Considerando l’aggravarsi dello stato di salute di Contrada, il suo legale Giuseppe Lipera, ha ora inviato una lettera al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, chiedendo di valutare l’ipotesi di «concedere la grazia, anche se non richiesta», al suo assistito. «Bruno Contrada – si legge nella missiva recapitata al Quirinale – non firmerebbe mai una richiesta di grazia: egli è uomo di antico stampo che ha sempre dichiarato con estrema dignità la propria innocenza e estraneità alle accuse ascrittegli. È anche vero che il nostro codice contempla la possibilità che la può essere concessa anche in assenza di domanda o di proposta. Per questo, in ragione della legge, del profondo e accesso senso di umanità che l’eccellenza vostra custodisce nelle corde più intime del suo animo – conclude Lipera – la prego di potere valutare la possibilità di un intervento sua sponte, onde potere fare fronte ad una situazione imbarazzante per il nostro Paese». «GRAZIA? I BENEMERITI NON LA CHIEDONO» – E anche la moglie dell’ex dirigente generale della Polizia di Stato conferma che il marito non si appellerebbe mai alla clemenza del Capo dello Stato. «Perché i benemeriti non la chiedono», spiega la signora Adriana.

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